I pascoli della Val d’Ultimo sono costellati di malghe come già abbiamo scritto in precedenza (vd. Le malghe). Le malghe sono un patrimonio importante da preservare e richiedono tantissima fatica, orari pesanti ed un amore sconfinato per l’ambiente montano. Per le energie che richiede la loro gestione, sempre più spesso si vedono tanti giovani che le portano avanti con tanta passione e nuove idee. Purtroppo in alcuni casi devono anche restare chiuse perché non si trovano le persone che possano gestirle. Comunque, tornando alle malghe della Val d’Ultimo stiliamo una personale classifica per chi non le conoscesse.
La malga più alta: la piccola Schusterhütte si trova a 2.310, sono due piccole casette poste in un punto panoramico. Da giugno a settembre ci si può fermare a mangiare sui tavoli posti all’esterno.
Come raggiungerla: dal parcheggio dei masi dei masi Flaschberg (sulla strada per Fontana Bianca) si prende il ripido sentiero n. 147. Servono 2 chilometri circa con quasi 500 metri di dislivello per raggiungerla: tempo richiesto due ore circa. Non c’è nessuna mulattiera che può condurre alla malga. Raggiungibile anche dalla stazione a monte della funivia in poco più di due ore.
La malga più panoramica: ci spostiamo sul versante delle Maddalene per trovare la malga Spitzner. Siamo a 1.847 metri di altitudine. Il panorama che si gode da questa malga è impagabile. Spazio all’interno per mangiare in caso di freddo e tanti tavoli all’esterno. Un’ottima cucina e vendita di formaggi.
Come raggiungerla: dalla diga del lago Zocccolo verso il lato del bosco parte sulla sinistra una mulattiera che sale (arrivati in fondo alla diga si scende un po’ a sinistra e dopo pochi metri inizia la mulattiera) ed il sentiero è segnato con il n. 27. Poi si può procedere con il n. 21 o il n. 22. Con il n.22 sono circa 6 chilometri per un dislivello di 800 metri. Si può salire può dolcemente con la mulattiera m chiaramente il percorso è più lungo. Richiede circa due ore se allenati.
La malga che si raggiunge in auto: in direzione del lago di Quaira si trova la Kuppelwieser alm a 1.970 metri di altitudine. Essendo il punto di partenza per raggiungere il lago di Quaira, alla malga si trova un comodo parcheggio raggiungibile dallo Steinrast dopo più di tre chilometri chilometri di strada non bellissima. In alternativa si può raggiungere a piedi seguendo il sentiero n. 11 dallo Steinrast oppure salendo con la funivia e seguendo il n. 6, e poi il 5/b. In auto dalla provinciale sono in tutto 10 chilometri.
La malga del cuore: ogni luogo si differenzia dagli altri per particolari che lo rendono unico. le caratteristiche della Flatschbergalm la rendono davvero una malga speciale. Accoglienza, cucina, esperienza nella gestione, formaggi, dolci, panorama e…un sorriso. Per saperne di più rimandiamo al nostro articolo “La Flatschbergalm“.
C’è stato un tempo in cui i giovani cercavano di allontanarsi dalle valli: vita dura, poche opportunità spingevano a spostarsi verso le città. Negli ultimi decenni le tendenze stanno lentamente cambiando. I mezzi di spostamento, il turismo, la consapevolezza di poter valorizzare un territorio che è sicuramente difficile ma altrettanto gratificante: tutto questo spinge tanti giovani a rimanere oppure a tornare dopo esperienze in altri luoghi.
Michael Schwienbacher è tra i giovani che non hanno mai preso in considerazione l’idea di spostarsi. I genitori hanno un maso con terra e animali a 1.700 metri, ma soprattutto gestiscono le malghe Flatchberg, di cui già abbiamo parlato. Il lavoro è da sempre nel loro DNA: orari pesanti, terreni impervi, clima difficile (in questo 2023 si è vista la neve a fine aprile) ed un sorriso per accogliere chi si presenta alla malga. Intendiamoci non un sorriso forzato, un sorriso di vera accoglienza, di qualcuno che ama il suo lavoro, di un cuore aperto al prossimo che ti fa tornare a trovarli ancora ed ancora. A tutto questo si aggiunga che la lavorazione del legno nelle valli da sempre fa parte della cultura locale e che la figura del falegname è necessaria più che altrove.
In questo contesto è cresciuto Michael, un giovane di 28 anni con una formazione incentrata sulla lavorazione del ferro, che ora, per passione, lavora il legno con un entusiasmo che gli fa illuminare gli occhi quando parla dei suoi oggetti.
Ciascun oggetto nasce quasi per caso, guardando un pezzo di legno trovato. A seconda dell’essenza nascono oggetti diversi, ogni legno ha infatti una sua caratteristica: più duro il cirmolo, più facile da lavorare il tiglio, profumatissimo il larice, venato quasi come fosse ulivo, il legno di acacia. Tra una scalpellata e una lavorazione al tornio prendono vita ciotole, vasi, lampade e qualsiasi cosa venga suggerita dal materiale e dalla sua forma. Nel laboratorio aleggia un profumo di resina che sembra di fare aromaterapia, e come se non bastasse, guardare fuori dalla finestra completa il percorso sensoriale. Tenere in mano questi oggetti fa sentire l’amore per il materiale, la passione e la creatività di chi li ha creati.
Se volete vedere e acquistare questi oggetti potete trovarli ai mercati dell’artigianato dell’Alto Adige, in particolare ad un circuito di mercati itineranti del “fai da te” chiamato appunto Selber Gmocht, oppure contattarlo direttamente.
Michael Schwienbacher – flatschrwooddesign@gmail.com
Lo trovate anche su Instagram: @flatschrwooddesign
La Val d’Ultimo è stata per anni fuori dai circuiti noti del turismo altotesino. Il turismo estivo solo nell’ultima quindicina d’anni ha preso piede, mentre d’inverno veniva frequentata soprattutto per gli impianti sciistici (i primi impianti di risalita dello Schwemmalm risalgono al 1976 ma erano altro rispetto a comprensori ben più noti). Eppure, proprio negli anni in cui la valle era sconosciuta ai più, proprio qui, si accese una stella nel panorama gastronomico dell’Alto Adige.
Giancarlo Godio, dalla gavetta alla stella Michelin: con la gestione della mensa Enel a Fontana Bianca, ha incantato con la sua cucina tanto da diventare uno dei primi cuochi dell’Alto Adige ad ottenere una stella Michelin, il primo con un ristorante a 2.000 metri!
Ma facciamo un passo indietro. Giancarlo Godio nacque nel 1934 a Parigi (dove i suoi genitori si trovavano per un periodo) ma era originario del Piemonte. Dopo una lunga gavetta approdò all’ “Aquila” di Ortisei: qui, il suo stile, la sua ricerca di perfezione, la sua creatività, la capacità innovativa, lo portarono ad essere rapidamente scelto come primo chef. Ed è a Ortisei che conobbe la moglie Elisabeth originaria della Val d’Ultimo. Con lei si avventurò nel 1957 a Vigo di Fassa, per un’altra esperienza lavorativa, sempre con lei nel 1970 arrivò a Fontana Bianca. Qui i due coniugi presero la gestione della mensa Enel, fino a quel momento in mano ai genitori di Elisabeth. Qui Giancarlo Godio iniziò la sua parabola ascendente. A Fontana Bianca affinò le sue capacità, “lavorò senza compiere il passo più lungo della gamba, con umiltà, spontaneità, coraggio.”
“Godio andava nella sua direzione, lasciando l’erba della pianura, puntando in alto verso boschi e rocce, il suo mondo, pieno di aspettative, ben determinato a realizzarle.”
E qui, alla mensa Enel, Godio iniziò a richiamare la folla con un incessante passaparola che fece diffondere rapidamente la voce. Il ristorante divenne conosciuto ed apprezzato, Godio preparava menù a sorpresa per i commensali ed in tempi non sospetti, era un tenace sostenitore del chilometro zero. Se già oggi andare a Fontana Bianca richiede qualche attenzione particolare sulla strada, ai tempi la percorrenza di questa impervia stradina, fatta e controllata dall’Enel, era una vera avventura. “La strada che porta a Fontana Bianca stretta e tutta curve, era stata aperta dall’Enel solo nel 1968…ma rimase a lungo in cattivo stato”. Eppure in questo luogo dimenticato, Godio nel 1973 ricevette la sua prima stella Michelin, e gli anni che seguirono videro personaggi di spicco (da Reinhold Messner a Giulio Andreotti), fare la processione per provare le sue creazioni, ma anche per godere della sua compagnia.
Fontana Bianca fu il luogo dove iniziò a brillare la sua stella ma anche il luogo da cui non volle mai separarsi. A 1.900 metri, con infrastrutture quasi inesistenti, lui trovò il suo regno. Anche se “in inverno la situazione si presentava critica e anche pericolosa. Nel giro di una notte poteva cadere anche un metro di neve…” nel 1986 ad esempio, la “neve aveva letteralmente ingoiato il territorio”.
“Fontana Bianca gli aveva dato l’occasione di diventare importante e contemporaneamente di restare sé stesso”.
Gli anni ’80 videro la sua consacrazione, decine i concorsi e le gare di cucina vinte, e tante le passioni (come quella per i funghi, la pesca, l’arte, l’intaglio) che riversava nelle sue creazioni. Chi ha qualche anno sulle spalle, ricorderà sicuramente un grande drago di legno su cui ci si poteva arrampicare, posto davanti alla genziana: era stato intagliato da Godio.
La sua stella brillò fino al 1993, momento in cui la guida Michelin, senza dare spiegazioni, gliela tolse. La perdita della stella fu per lui un momento cruciale e lo segnò profondamente. Ma il destino, pochi mesi dopo, gli fu ancora più avverso. Nell’ottobre del 1994, al rientro da una gita in Istria con amici, il piccolo velivolo su cui viaggiavano cadde rovinosamente e i tre amici morirono.
Per ricordare questo straordinario personaggio la Provincia autonoma di Bolzano e il Centro audiovisivi di Bolzano hanno realizzato qualche anno fa un docufilm che potete vedere al seguente link: https://youtu.be/FI1X07hdJ58
Inoltre, nel 2009 è uscito un libro molto particolare, per celebrare Giancarlo Godio. Il libro è una bellissima, inedita ed inconsueta biografia di questo “mago dei 2.000” che vi farà avvicinare anche alla Val d’Ultimo. Il titolo è “Blu. Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine”. Blu come il cielo e blu come la Genziana, il nome del suo ristorante. Tutto ciò che è stato riportato tra virgolette sono citazioni dal libro. Il testo è stato premiato in Austria come il più bel libro del 2009, sia per la veste grafica innovativa che per il ritmo narrativo.
Ma la storia di Giancarlo Godio è stata anche ispirazione per uno spettacolo teatrale di e con Pino Petruzzelli, coproduzione Teatro Ipotesi e Teatro Stabile di Genova. Il monologo, che racconta la vita dello chef è stato “messo in scena” anche a Santa Gertrude, en plein air, qualche estate fa e, di nuovo in versione ridotta nell’estate 2024, a 30 anni dalla scomparsa del cuoco. Per chi volesse gustare qualche minuto dello spettacolo:
L’autunno rivela sempre qualche sorpresa per quanto riguarda il meteo: ci sono stagioni soleggiate e calde, altre con venti imprevisti o addirittura neve come accaduto nei recenti 2020 e ancora nel 2023. Quello che non cambia mai in questo periodo è tuttavia l’attenzione rivolta dalle persone ai loro cari defunti. I giorni compresi tra il 31 di Ottobre e il 2 Novembre se siete in zona dedicate un po’ del vostro tempo a visitare i cimiteri annessi alle bellissime chiese della Val d’Ultimo. Normalmente in tutti i cimiteri troviamo fiori freschi, le tombe sistemate e pulite, ma in Alto Adige le attenzioni per i propri defunti hanno, in genere un tocco più “personale”. I cimiteri diventano una sorta di tavolozza con candele sempre accese, fiori secchi, fiori freschi, pigne e ogni altra cosa fornisca la natura per creare ghirlande e composizioni.
Un giorno prima di Ognissanti, il 31 ottobre, mentre altrove si festeggia Halloween, i bambini della Val d’Ultimo si lanciano in una vera e propria spedizione e vanno di porta in porta a elemosinare Krapfen dolci, recitando a memoria le strofe rimate della tradizione. Non a caso li chiamano “Krapfenlotterer”, i mendicanti dei Krapfen, un’antica usanza quasi dimenticata e ritornata in auge grazie alle nuove generazioni. Il papavero ha una sua tradizione in Val d’Ultimo. I tipici krapfen al papavero si degustano in occasione di matrimoni, al termine del raccolto ed in particolari festività, e così per la festa di Ognissanti.
https://www.suedtirolprivat.com/
Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine. Ed. Gamsblut
L’alto Adige è una terra ricca di acqua, in particolare di acqua minerale. Nel 2000 la Giunta Provinciale della provincia di Bolzano ha riconosciuto come minerali le acque di 30 sorgenti dell’Alto Adige. Fin dall’antichità le acque altoatesine erano considerate importanti per la salute dell’uomo e da secoli vengono utilizzate per la cura di disturbi e malattie. Per questo, soprattutto a partire dal XIX secolo si affermò la tradizione dei bagni rustici che sopravvisse fino alla Prima guerra mondiale. La Val d’Ultimo può vantare ben 4 di queste sorgenti con proprietà e minerali disciolti differenti. Noi vogliamo raccontare di una di queste sorgenti: la sorgente di Oltre Acqua (o Sopracqua).
Quando la Provincia riconobbe le 30 sorgenti venne predisposta una piccola fontana, poco più sotto rispetto alla captazione della fonte; la fontana spicca per il colore rosso che resta sul terreno.
Nei pressi di questa fontana si trovava un edificio storico, fortemente ammalorato, che recava una vecchia insegna indicante la presenza di una locanda con annessi bagni. In Val d’Ultimo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 erano presenti diversi bagni, tra cui i Bagni di Mezzo, famosi ben oltre i confini e frequentati da personaggi illustri come Bismarck, Thomas Mann, l’imperatrice Elisabetta d’Austria. Poi c’erano i bagni frequentati dalla gente del posto bisognosa di cure. Le persone che non potevano permettersi vitto negli stabilimenti arrivavano con i carretti con le vivande per il soggiorno. Uno dei bagni “del popolo” era proprio quello della sorgente di Oltre Acqua. Nel 1826 già ci sono tracce scritte che testimoniano la presenza di uno stabilimento, ma nel 1876 l’edificio viene risanato e rimane inalterato fino ai giorni nostri, o quasi.
Per anni, passando per andare verso la sorgente, la vista di questo edificio storico sempre più compromesso lasciava stupiti e dispiaciuti. Ma finalmente, nel 2017, iniziarono i lavori di recupero e lo stabilimento con locanda rinasceva lentamente a nuova vita.
Sono Veit e Rita, meranesi, a comprare l’immobile e il terreno dei bagni di Oltre Acqua. L’edificio, rimasto immutato dal 1876, viene restaurato lasciando inalterata la cubatura, la struttura e sicuramente il fascino originario. L’immobile è messo sotto tutela delle Belle Arti, il legno viene recuperato e sabbiato, vengono ripristinati la veranda e i ballatoi. Al piano terra vengono create due sale da pranzo con una stube perfettamente in armonia con il luogo. Al piano superiore due suites e al piano inferiore vengono ricreati i bagni, con tutti i comfort di oggi, il rispetto delle norme sull’igiene ma il fascino di altri tempi.
L’atmosfera che si respira alla Locanda non finisce all’interno. All’esterno vengono poste delle vasche da cui sgorga acqua della sorgente, ma poiché la natura è stata particolarmente generosa con questo luogo, ci sono più punti di captazione dell’acqua e così si trovano acque con caratteristiche leggermente diverse da una vasca all’altra. L’esterno è poi meravigliosamente completato con un sentiero nel bosco dove si trovano punti per cimentarsi nei giochi o semplicemente riposare ascoltando le acque del Valsura che scorre a fianco.
Come in tutti i posti però sono le persone a dare quel “qualcosa in più” che ti fa venire la voglia di tornare o di raccontare agli amici l’esperienza vissuta. Veit e Rita accolgono gli ospiti con un sorriso ed una cordialità che fa sentire a proprio agio. L’amore e la cura messi in questo posto traspaiono in ogni particolare. Rita è l’anima della casa e il trasporto con cui ha curato la rinascita di questo “pezzo di storia” si coglie ad ogni sua parola. Alla Locanda di Oltre Acqua si può mangiare, dormire, fare i bagni: basta prenotare. Tel. 349.7100951 – ueberwasser.ulten@gmail.com – www.badueberwasser.it
Come arrivare: all’ingresso del paese di Santa Valburga, venendo da San Pancrazio, subito dopo il parcheggio del Municipio e il ponte, si scende a sinistra con una strada piuttosto ripida (zona campi sportivi). Dopo meno di un chilometro si può lasciare l’auto prima del ponte sul Valsura e proseguire a piedi. In cinque minuti, a destra dopo il ponte ci si trova davanti l’edificio dei bagni. Proseguendo per altri cinque minuti si arriva alla fontanella della sorgente. Nota: per informazioni sulle sorgenti è possibile consultare l’ampio archivio di documenti messi a disposizione dal sito della provincia autonoma di Bolzano. In particolare alcune informazioni di questo post derivano da “Preziosi zampilli dalla roccia profonda” , Ufficio gestione risorse idriche
Per gli appassionati di running, ma non solo, vogliamo raccontare della “Corsa dei Masi” della Val d’Ultimo (o Ultner Höfelauf). Questa tradizionale corsa è diventata nel corso degli anni (quella del 2022 sarà la 16° edizione) una kermesse imprescindibile per grandi e piccoli, per sportivi e buongustai.
La gara, valida come competizione di montagna riconosciuta dalla FIDAL (Federazione Italiana di atletica leggera) vede impegnati dai bambini di 6 anni a salire, secondo percorsi e modalità diverse. Gli atleti si possono cimentare in un percorso di montagna lungo 18km che segue la via masi in un percorso ad anello.
Per tutti la giornata è comunque occasione di ritrovo, di svago e di…enogastronomia! La corsa, che parte nelle prime ore del mattino, è accompagnata da un ricco programma, che prevede musica e cibo. Gli stand gastronomici offrono tutti i prodotti tipici: piatti di selvaggina, carne allo spiedo, pesce, Strauben, krafen contadini ai semi di papavero e il menu si potrebbe allungare ancora. Una giornata all’insegna dello sport, del ritrovo e del buon bere e ben mangiare.
Per chi non conosce la valle questa giornata può essere l’occasione per scoprirla in un momento molto partecipato e sentito, una vera giornata di festa. E per gli appassionati di sci un ulteriore incentivo: spesso il via della gara, così come le premiazioni è affidato al campione Dominik Paris, residente e originario della Val d’Ultimo.
Per informazioni: https://www.merano-suedtirol.it/it/corsa-dei-masi-della-val-d-ultimo.html
Tra i pascoli della valle si possono trovare numerose malghe che con gli anni sono state sistemate e tante offrono ospitalità per un pasto, alcune anche per il pernottamento. Sono posizionate tra i 1.600 mt. e i 2.300 mt, alcune facilmente raggiungibili con ampie mulattiere, altre richiedono un cammino più lungo e sentieri piuttosto ripidi. Da una decina di anni, con l’arrivo della funivia le malghe del versante nord sono un po’ più affollate perché più facilmente raggiungibili.
Alcune, come la Spitzner Alm (1.856 mt.) sul versante opposto, godono di un panorama molto aperto e una spettacolare vista sulla valle, altre sono più immerse nel bosco e riparate. Tutte valgono una visita. In genere sono aperte da giugno (stagione permettendo) fino alla metà di settembre, in occasione della festa della transumanza, il ritorno dai pascoli.
Ricordate che le malghe NON sono ristoranti in città: il cibo viene preparato al momento ed è a chilometro zero quindi spesso i piatti sono pochi: quelli della tradizione. Non si paga con il bancomat (tranne in pochi casi) e se si vuole mangiare, occorre…pazientare e godersi il panorama!
In Val d’Ultimo quasi sempre si possono trovare canederli, Kaiserschmarren (una frittata dolce con mirtilli rossi), può esserci carne, formaggio, speck e strudel.
Le malghe in Alto Adige hanno origini lontane, dettate dalla ricerca di alpeggi dove le mucche (ma anche pecore e capre e cavalli) potessero mangiare preservando i prati a valle ed evitando di dover integrare il pascolo con foraggio aggiuntivo. Il latte prodotto durante l’estate in alpeggio (così come tutti i prodotti derivati), inoltre è di qualità eccelsa: la varietà delle erbe è incredibilmente maggiore in quota. Molte malghe producono solo latte che viene portato a valle, altre hanno un piccolo caseificio annesso dove il latte viene lavorato sul posto. La provincia autonoma di Bolzano favorisce la gestione compatibile dei pascoli dando premi per la gestione delle malghe e per la produzione di formaggi in loco.
L’Alto Adige conta circa 1.500 malghe di cui circa il 75% di proprietà privata, il rimanente di proprietà di consorzi, enti locali o altri tipi di enti (anche della Chiesa). L’importanza rivestita dalle malghe è indubbia: dal punto di vista naturalistico, ambientale, turistico. Per maggiori informazioni sulle malghe dell’Alto Adige: https://www.provincia.bz.it/agricoltura-foreste/bosco-legno-malghe/default.asp
E per ricordare le buone norme quando si incontrano gli animali in alpeggio, la provincia di Bolzano ha rilasciato questa brochure, scaricabile con il pulsante sottostante sui comportamenti da tenere: