Mese: Maggio 2023

Il Culten

Centro di documentazione della Val d’Ultimo

Se volete conoscere davvero le origini e la storia della valle una tappa che deve essere fatta è al museo archeologico della valle: il CULTEN.

Fino agli anni ’60 del secolo scorso si credeva che i primi insediamenti in Val d’Ultimo risalissero all’Alto Medioevo: la valle risultava molto difficile da raggiungere e poche sembravano le aree che potessero risultare idonee ai fini di insediamenti umani. Ma nel 1967, in occasione di lavori sulla collina della chiesa di Santa Valburga vennero fatti ritrovamenti archeologici relativi ad un rogo votivo risalente all’età del ferro. Al di sotto di questo, altri resti documentavano un insediamento precedente dell’età del bronzo, e poi ancora più indietro per arrivare all’età della pietra. La storia della valle era dunque da riscrivere. Questo fu il punto di partenza del museo archeologico che ha aperto le porte nel 2018, ma nel 2023 ha rilanciato le attività per far conoscere le origini della valle.

Interno del museo Culten

Il museo si articola in tre parti: il fulcro è una struttura semi interrata dove si trovano le ricostruzioni di quella che deve essere stata la storia di questi antichissimi insediamenti in val d’Ultimo. Ritrovamenti dell’età della pietra fanno pensare che attraverso i gioghi la valle venisse usata come passaggio per giungere alla Val Venosta, ma il primo insediamento vero e proprio può essere datato attorno al 1.400 a.C. La posizione scelta è strategica: si domina e controlla la valle, si è al riparo da aggressori e si gode di ore di sole preziose per l’insediamento. Le case presentavano uno zoccolo in pietra, la parte superiore e il tetto in legno, le giunture sigillate in argilla. Spesso capitava che bruciassero e venivano poi ricostruite sopra i resti nello stesso punto. L’abitato resistette per circa 900 anni, fino a quando, non se ne conosce il motivo, vennero svuotate completamente e l’abitato abbandonato. Viene spianato in parte e vi viene acceso sopra un rogo votivo. Se è stato poi costruito un nuovo insediamento nella valle, questo non è ancora stato scoperto. Sette altari in pietra furono costruiti e su di essi avvenne il rogo. Il santuario che ne scaturì venne utilizzato a lungo per fuochi sacrificali.

Forse non a caso la chiesa venne eretta poco più sopra, ma di essa si ha documentazione solo nel 1278. La storia della valle, infatti smette di lasciare tracce evidenti fino a dopo il 1000 d.C.

La colonizzazione del XI e XII secolo si deve al monastero di Weingarten e ai conti di Appiano-Ultimo, seguiti dai vescovi di Trento e ai conti del Tirolo.

Il maso ricostruito all'interno del Culten

Ed è qui che si inserisce una seconda parte del museo: un maso originario del 1300 (ripreso e sistemato nel 1400 e successivamente nel 1800) viene smontato dalla sua posizione originaria pochi metri distante e ricostruito fedelmente adiacente al museo per far parte integrante della panoramica storica della valle. Il maso, così come le ricche didascalie, contribuiscono a dare una idea della struttura delle abitazioni della valle; struttura rimasta per lo più inalterata fino al secolo scorso.

Ed infine, si conclude il percorso nel giardino che dà una idea delle colture tipiche del posto.

Note pratiche: gli orari e i costi del museo sono disponibili all’ufficio turistico di Santa Valburga. Il museo si trova vicino al municipio e sotto la chiesa di Santa Valburga. Si trovano le indicazioni nei pressi del ponte all’inizio del paese. La visita risulterà piacevole anche per i bambini .

Parcheggio: il museo si trova su una strada senza possibilità di parcheggio (un solo posto in caso ci sia una persona che non può deambulare), il consiglio quindi è di lasciare l’auto più in basso, al parcheggio sulla provinciale prima del ponte, o più in alto al parcheggio della chiesa.

Link ufficiale dell’ Ufficio turismo

I Santi di ghiaccio (Eisheilingen)

Quando la primavera sembra ormai aver sconfitto la stagione invernale, le giornate si sono allungate e le temperature sembrano ormai inesorabilmente salire ecco che fanno la loro comparsa i “Santi di Ghiaccio”.

La tradizione popolare, soprattutto contadina, associa ai giorni tra l’11 e il 15 maggio, un brusco calo delle temperature, un colpo di coda dell’inverno legato ad una “singolarità  metereologica”, un evento che ricorre con una certa regolarità in un determinato periodo dell’anno, e che porta a condizioni meteorologiche diverse da quelle che normalmente sono attese per tale periodo (come ad esempio l’”estate di San Martino”)

Esiste una tradizione, la cui origine sembra addirittura medioevale, che fonda la sua storia in secoli e secoli di osservazioni dei contadini, che ci ricorda come l’inverno, proprio in questo periodo possa fare la sua ricomparsa, in particolar modo sull’Europa centro settentrionale. Da qui nacque la credenza popolare dei “Santi di ghiaccio”, nome che evoca miti e leggende del nord Europa.

Ma chi sono i Santi di ghiaccio?

11 maggio: San Mamerto era un vescovo cattolico del V secolo, considerato molto colto. Secondo la tradizione, faceva spesso miracoli, come fermare incendi, curare la febbre o intervenire in caso di grave siccità.

12 maggio: San Pancrazio visse nel III secolo e morì come giovane martire della chiesa primitiva di Roma. Il suo nome significa “colui che sconfigge tutto”. Con la sua spada e la corona da martire, è spesso raffigurato in abiti eleganti o da cavaliere. Ricordiamo che è il patrono dell’omonimo paese della Val d’Ultimo (la festa patronale si svolge proprio il 12 maggio). Un proverbio recita: Wenns an Pankratius friert, so wird im Garten viel ruiniert. (quando si gela di San Pancrazio, molte rovine avvengono nei campi)

13 maggio: secondo le leggende, San Servazio era vescovo nel territorio dell’attuale Belgio nel IV secolo. Si dice che abbia previsto l’invasione degli Unni in Europa, che in realtà ha avuto luogo circa 70 anni dopo la sua morte. La sua assistenza è solitamente richiesta in caso di malattie del piede, danni da gelo e pestilenze dei ratti.

14 maggio: San Bonifacio di Tarso morì all’inizio del IV secolo nell’odierna Turchia. Per empatia verso i cristiani perseguitati fu battezzato e rimase fedele alla sua nuova fede. Dopo l’esecuzione, il suo corpo venne riportato a Roma.

15 maggio: Santa Sofia di Roma è l’ultima dei cinque Santi di Ghiaccio. La memoria di Santa Sofia e delle sue tre figlie, tutte martirizzate nel secondo secolo dall’Imperatore Adriano, viene festeggiata il 17 settembre (ma nel medioevo la ricorrenza cadeva il 15 maggio). L’iconografia le raffigura come quattro donne vestite a lutto. La “fredda Sophie” (die Kalte Sophie, come viene chiamata dai tedeschi) viene spesso invocata contro le gelate tardive per chiedere un buon raccolto.

Secondo la tradizione quindi, dalla giornata del 16 maggio….via alla semina e…alla bella stagione.

San Pancrazio - Val d'ultimo
La chiesa e il paese di San Pancrazio

I Bagni di Mezzo

 La Val d’Ultimo, come abbiamo già più volte scritto, è una valle ricca di acqua e vanta ben 4 delle 37 sorgenti riconosciute (con Deliberazione del 31.07.2018 n.752) dalla Provincia di Bolzano. Due si trovano nel comune di Ultimo: una è la sorgente di Oltreacqua o Sopracqua, di cui abbiamo già parlato, la seconda è la sorgente dei Bagnetti (Innerbad). Di quest’ultima si parla già nel 1697 come bagni per le persone meno abbienti. La frequentazione di questi bagni è testimoniata fino al 1914. Nel 2011 è stata creata una Oasi della quiete come quella fatta per le altre tre sorgenti. Per raggiungerla: sulla Strada Provinciale della Val d’Ultimo tra S. Pancrazio e S. Valburga si svolta in direzione Proves. Dopo pochi metri si segue una piccola strada a destra, passato il Rio Valsura, a sinistra si trova l’Oasi della quiete.

Le altre due si trovano nel comune di San Pancrazio. La prima è Bagno Lad (Bad Lad). Già conosciuta nel 1300, aveva dei bagni curativi annessi famosi fino alle guerre mondiali. Bagni che vennero demoliti nel 1948. Nel 2010 è stata creata una “oasi della quiete” dove si trova una fontanella che convoglia l’acqua della sorgente. Per raggiungerla basta seguire il sentiero Ultner Talweg che collega S. Pancrazio con S. Valburga. Dal centro del paese di S. Pancrazio sono circa 30 minuti.

Ma arriviamo finalmente ai famosi Bagni di Mezzo (Mitterbad). Famosi perchè rispetto agli altri bagni in valle ebbero frequentazioni illustri. I Bagni di Mezzo vengono menzionati per la prima volta nel 1418 con la denominazione “Walcherguet in Vlten in mitern Pad“ (podere di Walcher in Val d’ultimo nel Bagno di Mezzo). Agli inizi del 1800 erano considerati uno dei bagni più frequentati nell’area tedesca. Molti personaggi conosciuti facevano visita ai Bagni, come ad esempio Otto von Bismarck, l’imperatrice Elisabetta d’Austria (la famosa Sissi), i fratelli Heinrich e Thomas Mann ed il pittore Franz von Defregger. I Bagni furono gestiti fino al 1971.

Cartolina d'epoca dei bagni di Mezzo

Purtroppo questo sito storico versa oggi in condizioni pessime. Decenni di abbandono fanno solo lontanamente intuire la vita che animava questi famosi bagni termali che si trovano immersi in un magnifico bosco con faggi e abeti secolari. Sic transit…possiamo dire che non gli è toccata la sorte fortunata dei Bagni di Sopracqua e il fatto che il terreno sia di proprietà privata, suddiviso tra molteplici eredi non prevede per questo luogo un futuro più roseo.

I Bagni di Mezzo allo stato attuale

Sembra ironico che sia stato candidato nel 2022 dal FAI per i luoghi del cuore e abbia avuto…2 voti!

Annessa ai bagni sorgeva una piccola cappella intitolata ai santi Cosma e Damiano, i santi medici. In origine già nel XVII sec. ci sono testimonianze di una piccola cappella, ma i resti che si possono vedere oggi risalgono al 1840. La cappella presenta un piccolo campanile a vela con una campana del 1636 e tutto l’insieme versa oggi, purtroppo nello stesso stato di abbandono della struttura termale.

Per raggiungere il sito: verso la fine del paese di S.Pancrazio si trovano le indicazioni prima della galleria sulla sinistra. Si percorre una stradina che oltrepassa la diga di Alborelo e che in un paio di chilometri permette di arrivare al sito. A piedi: da S.Pancrazio si prende il sentiero n. 28B. Da qui si può proseguire per la cima del Monte Luco.

Fonti e articoli per approfondire:

https://www.suedtirolerland.it/it/alto-adige/val-d-ultimo-alta-val-di-non/san-pancrazio/bagni-di-mezzo-bad-lad/

https://ambiente.provincia.bz.it/acqua/sorgenti-minerali.asp?news_action=4&news_article_id=547331

https://www.tangram.it/it/acque-termali-della-val-dultimo/

Falegname per passione

C’è stato un tempo in cui i giovani cercavano di allontanarsi dalle valli: vita dura, poche opportunità spingevano a spostarsi verso le città. Negli ultimi decenni le tendenze stanno lentamente cambiando. I mezzi di spostamento, il turismo, la consapevolezza di poter valorizzare un territorio che è sicuramente difficile ma altrettanto gratificante: tutto questo spinge tanti giovani a rimanere oppure a tornare dopo esperienze in altri luoghi.

Michael Schwienbacher nel suo laboratorio

Michael Schwienbacher è tra i giovani che non hanno mai preso in considerazione l’idea di spostarsi. I genitori hanno un maso con terra e animali a 1.700 metri, ma soprattutto gestiscono le malghe Flatchberg, di cui già abbiamo parlato. Il lavoro è da sempre nel loro DNA: orari pesanti, terreni impervi, clima difficile (in questo 2023 si è vista la neve a fine aprile) ed un sorriso per accogliere chi si presenta alla malga. Intendiamoci non un sorriso forzato, un sorriso di vera accoglienza, di qualcuno che ama il suo lavoro, di un cuore aperto al prossimo che ti fa tornare a trovarli ancora ed ancora. A tutto questo si aggiunga che la lavorazione del legno nelle valli da sempre fa parte della cultura locale e che la figura del falegname è necessaria più che altrove.

In questo contesto è cresciuto Michael, un giovane di 28 anni con una formazione incentrata sulla lavorazione del ferro, che ora, per passione, lavora il legno con un entusiasmo che gli fa illuminare gli occhi quando parla dei suoi oggetti.

oggetti in legno

Ciascun oggetto nasce quasi per caso, guardando un pezzo di legno trovato. A seconda dell’essenza nascono oggetti diversi, ogni legno ha infatti una sua caratteristica: più duro il cirmolo, più facile da lavorare il tiglio, profumatissimo il larice, venato quasi come fosse ulivo, il legno di acacia. Tra una scalpellata e una lavorazione al tornio prendono vita ciotole, vasi, lampade e qualsiasi cosa venga suggerita dal materiale e dalla sua forma. Nel laboratorio aleggia un profumo di resina che sembra di fare aromaterapia, e come se non bastasse, guardare fuori dalla finestra completa il percorso sensoriale. Tenere in mano questi oggetti fa sentire l’amore per il materiale, la passione e la creatività di chi li ha creati.

Se volete vedere e acquistare questi oggetti potete trovarli ai mercati dell’artigianato dell’Alto Adige, in particolare ad un circuito di mercati itineranti del “fai da te” chiamato appunto Selber Gmocht, oppure contattarlo direttamente.

Michael Schwienbacher – flatschrwooddesign@gmail.com

Lo trovate anche su Instagram: @flatschrwooddesign

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