Mese: Novembre 2022

Una stella in Val d’Ultimo: Giancarlo Godio

“Il primo ad Ultimo”

La Val d’Ultimo è stata per anni fuori dai circuiti noti del turismo altotesino. Il turismo estivo solo nell’ultima quindicina d’anni ha preso piede, mentre d’inverno veniva frequentata soprattutto per gli impianti sciistici (i primi impianti di risalita dello Schwemmalm risalgono al 1976 ma erano altro rispetto a comprensori ben più noti). Eppure, proprio negli anni in cui la valle era sconosciuta ai più, proprio qui, si accese una stella nel panorama gastronomico dell’Alto Adige.

Giancarlo Godio, dalla gavetta alla stella Michelin: con la gestione della mensa Enel a Fontana Bianca, ha incantato con la sua cucina tanto da diventare uno dei primi cuochi dell’Alto Adige ad ottenere una stella Michelin, il primo con un ristorante a 2.000 metri!

Ma facciamo un passo indietro. Giancarlo Godio nacque nel 1934 a Parigi (dove i suoi genitori si trovavano per un periodo) ma era originario del Piemonte. Dopo una lunga gavetta approdò all’ “Aquila” di Ortisei: qui, il suo stile, la sua ricerca di perfezione, la sua creatività, la capacità innovativa, lo portarono ad essere rapidamente scelto come primo chef. Ed è a Ortisei che conobbe la moglie Elisabeth originaria della Val d’Ultimo. Con lei si avventurò nel 1957 a Vigo di Fassa, per un’altra esperienza lavorativa, sempre con lei nel 1970 arrivò a Fontana Bianca. Qui i due coniugi presero la gestione della mensa Enel, fino a quel momento in mano ai genitori di Elisabeth. Qui Giancarlo Godio iniziò la sua parabola ascendente. A Fontana Bianca affinò le sue capacità, “lavorò senza compiere il passo più lungo della gamba, con umiltà, spontaneità, coraggio.”

“Godio andava nella sua direzione, lasciando l’erba della pianura, puntando in alto verso boschi e rocce, il suo mondo, pieno di aspettative, ben determinato a realizzarle.”

E qui, alla mensa Enel, Godio iniziò a richiamare la folla con un incessante passaparola che fece diffondere rapidamente la voce. Il ristorante divenne conosciuto ed apprezzato, Godio preparava menù a sorpresa per i commensali ed in tempi non sospetti, era un tenace sostenitore del chilometro zero. Se già oggi andare a Fontana Bianca richiede qualche attenzione particolare sulla strada, ai tempi la percorrenza di questa impervia stradina, fatta e controllata dall’Enel, era una vera avventura. “La strada che porta a Fontana Bianca stretta e tutta curve, era stata aperta dall’Enel solo nel 1968…ma rimase a lungo in cattivo stato”. Eppure in questo luogo dimenticato, Godio nel 1973 ricevette la sua prima stella Michelin, e gli anni che seguirono videro personaggi di spicco (da Reinhold Messner a Giulio Andreotti), fare la processione per provare le sue creazioni, ma anche per godere della sua compagnia.

Fontana Bianca fu il luogo dove iniziò a brillare la sua stella ma anche il luogo da cui non volle mai separarsi. A 1.900 metri, con infrastrutture quasi inesistenti, lui trovò il suo regno. Anche se “in inverno la situazione si presentava critica e anche pericolosa. Nel giro di una notte poteva cadere anche un metro di neve…” nel 1986 ad esempio, la “neve aveva letteralmente ingoiato il territorio”. 

“Fontana Bianca gli aveva dato l’occasione di diventare importante e contemporaneamente di restare sé stesso”.

Gli anni ’80 videro la sua consacrazione, decine i concorsi e le gare di cucina vinte, e tante le passioni (come quella per i funghi, la pesca, l’arte, l’intaglio) che riversava nelle sue creazioni. Chi ha qualche anno sulle spalle, ricorderà sicuramente un grande drago di legno su cui ci si poteva arrampicare, posto davanti alla genziana: era stato intagliato da Godio.

La sua stella brillò fino al 1993, momento in cui la guida Michelin, senza dare spiegazioni, gliela tolse. La perdita della stella fu per lui un momento cruciale e lo segnò profondamente. Ma il destino, pochi mesi dopo, gli fu ancora più avverso. Nell’ottobre del 1994, al rientro da una gita in Istria con amici, il piccolo velivolo su cui viaggiavano cadde rovinosamente e i tre amici morirono.

Per ricordare questo straordinario personaggio la Provincia autonoma di Bolzano e il Centro audiovisivi di Bolzano hanno realizzato qualche anno fa un docufilm che potete vedere al seguente link: https://youtu.be/FI1X07hdJ58 

Inoltre, nel 2009 è uscito un libro molto particolare, per celebrare Giancarlo Godio. Il libro è una bellissima, inedita ed inconsueta biografia di questo “mago dei 2.000” che vi farà avvicinare anche alla Val d’Ultimo. Il titolo è “Blu. Giancarlo Godio. Una stella della bonne cuisine”. Blu come il cielo e blu come la Genziana, il nome del suo ristorante. Tutto ciò che è stato riportato tra virgolette sono citazioni dal libro. Il testo è stato premiato in Austria come il più bel libro del 2009, sia per la veste grafica innovativa che per il ritmo narrativo.

Ma la storia di Giancarlo Godio è stata anche ispirazione per uno spettacolo teatrale di e con Pino Petruzzelli, coproduzione Teatro Ipotesi e Teatro Stabile di Genova. Il monologo, che racconta la vita dello chef è stato “messo in scena” anche a Santa Gertrude, en plein air, qualche estate fa e, di nuovo in versione ridotta nell’estate 2024, a 30 anni dalla scomparsa del cuoco. Per chi volesse gustare qualche minuto dello spettacolo:

https://www.youtube.com/watch?v=-tbAFThHxdk&t=6s

Bibliografia rapida (oltre alle già citate fonti):

https://newsfood.com/13-ottobre-1994-val-dultimo-la-nebbia-e-campomolon-hanno-chiuso-unepoca-quella-di-giancarlo-godio-ed-il-suo-ristorante-la-genzianella/

https://www.ligurianotizie.it/il-primo-ad-ultimo-giancarlo-godio-e-la-sua-genziana/2016/05/13/201744/

https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/godio-vent-anni-fa-la-scomparsa-1.542391 (link articolo giornale per i 20 anni dalla scomparsa)

http://www.alessandrobotta.it/progetti/degusta/vecchio/index.php?option=com_content&view=article&id=1055:giancarlo-godio-e-la-bonne-cuisine&catid=40:mostre-eventi&Itemid=68

https://www.varie.eu/siti/sitopaperogiallo/giancarlo_godio_e_il_ristorante_genziana_in_val_dultimo_perche_ricordare_e_importante.html

https://www.gustomediterraneo.it/ristorante-genziana-di-giancarlo-godio-val-dultimo-bz/

Il 6 Dicembre è San Nicola

Ad ogni territorio le sue festività. Per chiunque sia stato bambino in Val Padana la data del 13 dicembre evoca ricordi. A Mantova, a Verona, a Bergamo a Brescia, in alcune città dell’Emilia Romagna, la notte tra il 12 e il 13 dicembre Santa Lucia porta i doni ai bambini.  In Alto Adige, più vicino alle tradizioni del nord Europa, è San Nicola a portare i doni.

San Nicola è un Santo molto antico, nasce in Turchia nel 270 e diventa vescovo di Myra (Turchia). La sua fama rimane legata solo alla Licia per diversi secoli, fino al VII secolo, quando, di fronte alle coste dove sorgeva il santuario in suo nome, Bizantini e Arabi combatterono per la supremazia sul mare. Arrivò così il salto di status: Nicola diventò il punto di riferimento dei marinai bizantini e il loro protettore, trasformandosi da santo locale a santo internazionale. Il suo culto si espanse lungo le rotte marittime del Mediterraneo, arrivando a Roma e a Gerusalemme, poi a Costantinopoli, in Russia e nel resto dell’Occidente. Nel IX secolo si diffuse in Germania.

Dalla fine del XIII secolo, il 6 dicembre diventò il giorno in cui persone travestite da “vescovo Nicola” salivano sui loro scranni: la tradizione raggiunse il culmine nel XVI secolo (ma in alcuni luoghi persistette fino al XIX). E anche quando la Chiesa, scandalizzata, iniziò a vietare queste carnevalate pagane, Nicola sopravvisse nelle scuole e nelle case grazie ai bambini, che continuarono a festeggiarlo e a ricevere i suoi regali. La storia e la devozione per san Nicola è molto diffusa anche in due città italiane: Bari e Venezia. Dopo la caduta di Myra in mano musulmana, nel 1087 i baresi fecero una spedizione in quella città. Le reliquie, cioè le ossa, del santo, erano parte del bottino. Circa 10 anni dopo anche i veneziani puntarono su Myra e recuperarono altre ossa, lasciate dai baresi nella fretta. I veneziani trasportarono quei resti nell’Abbazia di San Nicolò del Lido, vantando pure loro il possesso delle spoglie del santo. Lo dichiararono protettore della flotta della Serenissima. 

L’omone con la barba bianca e il sacco pieno di regali, invece, nacque in America dalla penna di Clement C. Moore, che nel 1822 scrisse una poesia in cui lo descriveva come ormai tutti lo conosciamo. Questo nuovo Santa Claus ebbe successo, e dagli anni Cinquanta conquistò anche l’Europa diventando, in Italia, Babbo Natale.

Oggi, in alto Adige come in molti paesi del Nord Europa, unendo tradizioni religiose e pagane, San Nicola gira per le strade acccompagnato dai “Krampus”, i diavoli che si occupano dei bambini che non sono stati buoni. I Krampus sono in genere impersonati da personaggi spaventosi che indossano pelli di capra e teste con maschere. Hanno dei campanacci legati  al corpo per fare più rumore possibile, inoltre vengono utilizzate anche una verga o delle catene di ferro. San Nicola, invece ha il vestito da Vescovo con tanto di tiara e di bastone pastorale.

Negli ultimi anni le “sfilate” di Krampus sono diventate sempre più numerose e sempre più i turisti che si accalcano per vederle. Krampus “professionisti” da tutto l’Alto Adige sfilano con i loro costumi sempre più paurosi.

Ma dove la tradizione resta pacata, la magia dei bimbi che aspettano la carrozza con a bordo San Nicola, che accompagnato dagli angeli, dispensa i classici sacchettini rossi colmi di dolcetti, arachidi e mandarini, lascia ancora sognare.

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